Il reddito dei dipendenti comprende anche i caffè offerti come benefit aziendali dal datore di lavoro
In materia di benefit aziendali, una società operante nel campo della produzione e commercializzazione all’ingrosso e al dettaglio di caffè, the e loro prodotti derivati, affini e complementari, nonché, gestione di ristoranti, bar e caffè, negozi, chioschi e punti vendita al dettaglio, ha indirizzato all’Agenzia delle Entrate un interpello, ponendo un interessante quesito.
In particolare, l’istante ha evidenziato che in forza di una regolamentazione aziendale, ciascun dipendente ha diritto ad una bevanda gratuita al giorno preparata dalla caffetteria interna.
Inoltre, i dipendenti hanno diritto, una volta al mese, a ricevere in omaggio un pacchetto di caffè selezionato, a scelta del datore di lavoro. Lo scopo di tale beneficio è di fornire ai dipendenti l’opportunità di assaggiare numerosi caffè della società istante, oltre a consentire ai medesimi di far conoscere tali prodotti anche ad amici e familiari.
In considerazione di quanto innanzi, l’interpellante ha chiesto se, in considerazione del prevalente interesse datoriale, i descritti beni erogati ai dipendenti possano considerarsi irrilevanti ai fini della determinazione del reddito di lavoro dipendente ai sensi dell’art. 51 del TUIR.
L’art. 51, comma 1 del TUIR dispone che “il reddito di lavoro dipendente è costituito da tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo di imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro”.
Tale disposizione sancisce, quale principio base, l’onnicomprensività del reddito di lavoro dipendente, ovvero l’assoggettamento a tassazione, in generale, di tutto ciò che il lavoratore dipendente percepisce in relazione al rapporto di lavoro, salvo le tassative deroghe di esenzione contenute nei successivi commi del medesimo art. 51.
L’ampia locuzione legislativa ricomprende, oltre alla retribuzione corrisposta in denaro, anche quei ”vantaggi economici” che i lavoratori subordinati possono conseguire ad integrazione della stessa. Trattasi, in particolare, di compensi in natura, consistenti in opere, servizi, prestazioni e beni, anche prodotti dallo stesso datore di lavoro.
In relazione alla determinazione del reddito, il medesimo art. 51, al comma 3, prevede che “ai fini della determinazione in denaro dei valori di cui al comma 1 […] si applicano le disposizioni relative alla determinazione del valore normale dei beni e dei servizi contenute nell’articolo 9.
Il valore normale dei generi in natura prodotti dall’azienda e ceduti ai dipendenti è determinato in misura pari al prezzo mediamente praticato dalla stessa azienda nelle cessioni al grossista. Non concorre a formare il reddito il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati se complessivamente di importo non superiore nel periodo d’imposta a euro 258,23. Se il predetto valore è superiore al citato limite, lo stesso concorre interamente a formare il reddito”.
Ciò premesso, l’Agenzia delle Entrate ha evidenziato che il legislatore “prevedendo la non concorrenza al reddito dei beni ceduti e dei servizi prestati gratuitamente nei confronti dei dipendenti di importo non superiore a euro 258,23, abbia considerato la possibilità che nel rapporto di lavoro, il datore eroghi beni e servizi senza corrispettivo a vantaggio dei dipendenti, riconoscendone la non concorrenza alla formazione del reddito di lavoro dipendente, entro un determinato limite di importo”
Al riguardo, si fa presente, per completezza, che l’art. 1, comma 16, della legge 30 dicembre 2023, n. 213 (Legge di bilancio 2024), limitatamente al periodo d’imposta 2024, ha stabilito che “in deroga a quanto previsto dall’articolo 51, comma 3, prima parte del terzo periodo, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, non concorrono a formare il reddito, entro il limite complessivo di 1.000 euro, il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati ai lavoratori dipendenti […]”.
“Il limite di cui al primo periodo è elevato a 2.000 euro per i lavoratori dipendenti con figli, compresi i figli nati fuori del matrimonio riconosciuti e i figli adottivi o affidati, che si trovano nelle condizioni previste dall’articolo 12, comma 2, del citato testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986″.
Ciò detto, il comma 3 dell’art. 9 del TUIR prevede che per “per valore normale […] si intende il prezzo o corrispettivo mediamente praticato per i beni e i servizi della stessa specie o similari […]. Per la determinazione del valore normale si fa riferimento, in quanto possibile, ai listini o alle tariffe del soggetto che ha fornito i beni o i servizi e, in mancanza, alle mercuriali e ai listini delle camere di commercio e alle tariffe professionali, tenendo conto degli sconti d’uso”.
In via generale, i beni assegnati ai dipendenti costituiscono reddito di lavoro dipendente, e solo nella particolare ipotesi in cui il dipendente abbia un obbligo contrattuale di utilizzo del bene e successiva restituzione dello stesso, si può considerare prevalente l’interesse del datore di lavoro e, quindi, escludere il valore dei predetti beni dalla tassazione in capo al dipendente.
Nel caso di specie, secondo quanto rappresentato, nell’ambito di un’articolata serie di benefit previsti, la società interpellante ”omaggia” mensilmente i propri dipendenti di un sacchetto di caffè selezionato e di una bevanda gratuita al giorno, da consumare durante la pausa al lavoro, evidenziando che scopo dell’offerta è diffondere la conoscenza approfondita dei prodotti e la capacità dei dipendenti di trasmettere l’eccellenza degli stessi alla clientela, nell’ambito della strategia aziendale.
Al riguardo, occorre rilevare che i descritti beni sono offerti, rispettivamente, con cadenza mensile e giornaliera, a tutti i dipendenti in organico a prescindere dalle vendite effettuate e dalla prestazione lavorativa svolta. I dipendenti, inoltre, potrebbero utilizzare i predetti omaggi per soddisfare esigenze personali o potrebbero anche decidere di non fruirne, stante l’assenza di obblighi contrattuali specifici.
Orbene, gli omaggi in questione, per quanto ”utili” alla strategia aziendale, in concreto, soddisfano un’esigenza propria del singolo lavoratore (ad es. prendere un caffè al bisogno) e rappresentano, comunque, un arricchimento del lavoratore (ad es. i sacchetti di caffè e i prodotti di merchandising) e, pertanto, non possono considerarsi erogati nell’esclusivo interesse del datore di lavoro.
Sulla base di quanto rappresentato, l’Agenzia delle Entrate, nella risposta all’interpello n. 89/2024, con riferimento al caso in esame, ha ritenuto che qualora il valore dei beni assegnati ai propri dipendenti, superi il limite previsto dalla prima parte del terzo periodo del comma 3 dell’articolo 51 del TUIR e successive integrazioni [ossia Euro 258,23] lo stesso costituisca reddito di lavoro dipendente concorrendo alla relativa formazione quale bene in natura determinato ai sensi del comma 3 dell’articolo 9 del TUIR.
CONCLUSIONI:
Il caso in esame rappresenta un’ottima esemplificazione di un’attività di consulenza funzionale alla valutazione preventiva di problematiche aziendali, che se non affrontate e gestite in maniera adeguata e tempestiva, potrebbero essere causa di significative complicazioni. In questa prospettiva, lo Studio Legale Di Meo di Avellino offre da anni assistenza e consulenza a varie aziende, in molteplici settori e materie, in regine di convenzione, a costi contenuti, allo scopo di assicurare un efficace e quanto mai necessario ausilio nello svolgimento maturo e responsabile dell’attività imprenditoriale.
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Avv. Ferdinando G. Di Meo
Sono un avvocato di Avellino, nato in Svizzera da famiglia di emigranti ritornata in Irpinia, completo i miei studi in giurisprudenza nel 2001 con una forte passione verso il Diritto Penale.
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