CORTE DI CASSAZIONE, Sez. VI Civile, sent. 21199 del 9 settembre 2015.
La suprema Corte, a seguito del ricorso promosso dallo Studio Legale Di Meo, ha annullato la sentenza della Corte di Appello di Napoli – Sezione Specializzata Agraria, che a sua volta aveva già parzialmente riformato una sentenza di primo grado del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi. Il contenzioso aveva ad oggetto la richiesta di pagamento dei canoni di fitto di alcuni terreni, per effetto del presunto rinnovo tacito del contratto, sostenendosi che l’affittuario aveva continuato a detenere i terreni dopo la scadenza. Il Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi aveva accolto la domanda, nonostante la difesa del ricorrente, sostenuta dall’Avv. Ferdinando Di Meo, avesse argomentato che nel caso di specie non è era possibile il rinnovo tacito, in quanto trattavasi di contratto in deroga alla normativa vigente, ai sensi dell’art. 23 della L. 23/71, come modificato dall’art. 45 della L. 203/82. Si erra infatti stabilito che il contratto valeva anche come disdetta, senza bisogno di conferma della disdetta stessa un anno prima della scadenza, e, rispetto a tale previsione contrattuale, l’eventuale protrarsi del possesso, anche oltre la scadenza, non poteva comportare rinnovo tacito, giuridicamente nemmeno ipotizzabile.
La Corte di Appello di Napoli aveva riformato la sentenza di primo grado, escludendo che il contratto potesse dirsi rinnovato tacitamente, ma aveva ugualmente condannato l’affittuario a pagare una somma corrispondete ai canoni di fitto, per gli anni in cui lo stesso avrebbe detenuto i terreni successivamente alla scadenza del contratto, essendo egli in mora nella restituzione, ritenendosi, inopinatamente, che sul punto non vi fosse contestazione.
Proposto il ricorso in Cassazione, la sentenza della Corte di Appello è stata annullata con rinvio, alla medesima Corte di Appello, in diversa composizione.
Più specificatamente, la Suprema Corte ha rilevato che “la circostanza fattuale in ordine all’epoca dell’avvenuto rilascio dei fondi non può dirsi non contestata dal convenuto. […]. Pertanto, la Corte ha errato nell’applicare il principio di non contestazione […] Per altro, come evidenzia il ricorrente, la prova dell’avvenuto rilascio nel 2005 non può dirsi essere stata rinvenuta dalla Corte di merito in altre risultanze istruttorie […]. Infatti, secondo quanto ritenuto dallo steso Giudice di merito, dalle testimonianze, come esaminate in sentenza, al principale fine di escludere la proroga del contratto, non sarebbe emersa la prova in ordine alla durata della detenzione dei fondi, successiva alla scadenza del contratto originario”, essendo, per altro, i testi sentiti, intrinsecamente non credibili.
A seguito del rinvio operato dalla Corte di Cassazione, la Corte di Appello di Napoli, Sezione Specializzata Agraria, in diversa composizione, investita a seguito di ricorso in riassunzione, con sentenza n. 2130/2019 del 17 aprile 2019, ha integralmente accolto le richieste del ricorrente, patrocinato dall’Avv. Ferdinando G. Di Meo, annullando definitivamente la sentenza di primo grado del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi. La controparte è stata quindi condannata al pagamento delle spese legali per i quattro gradi di giudizio. A fronte della condanna si è poi dovuto procedere ad un’azione esecutiva, completata con successo innanzi al Tribunale di Avellino nel febbraio 2020.
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