Tribunale di Avellino. La domanda di mediazione deve corrispondere al contenuto dell’atto di citazione per l’impugnazione della delibera del condominio.
Il Tribunale di Avellino lo scorso 17 giugno ha pronunciato un’interessante sentenza in materia di condominio, nell’ambito di un giudizio avente ad oggetto l’impugnazione della delibera di approvazione del bilancio – nel quale lo Studio Legale Di Meo di Avellino ha assunto le difese del condominio resistente.
Il caso per altro è stato già trattato in un nostro precedente articolo [Assemblea di condominio: quali obblighi per l’amministratore?].
Nel dettaglio, alcuni condomini avevano impugnato, davanti al Tribunale di Avellino, la delibera di approvazione del bilancio consuntivo da parte dell’assemblea condominiale. lamentando, tra l’altro, la presunta “omissione della relazione al bilancio consuntivo”, tale essendo stato, sia pure in un quadro più articolato, uno dei supposti vizi inizialmente denunciati fini dalla mediazione obbligatoria.
Per altro, in via primaria venivano sollevate una serie di altre censure di merito, aventi lo scopo di delineare una contabilità alternativa, ed in quanto tali – come evidenziato nelle difese dell’Avv. Ferdinando G. Di Meo – intrinsecamente inammissibili, in ossequio a quanto chiarito dalla giurisprudenza.
Si è infatti affermato che “l’intervenuta approvazione, da parte dell’assemblea condominiale, dei rendiconti consuntivi, costituisce pur sempre, dal punto di vista civilistico, un atto vincolante, con conseguente limite ad una diversa ricostruzione della contabilità relativa agli esercizi in questione” (Tribunale di Roma, sez. V, 26.04.2019 n. 8798).
Infatti, “la deliberazione può essere impugnata dai condomini non consenzienti, per ragioni non già di merito, ma solo di legittimità, restando esclusa una diversa forma di invalidazione ex art. 1418 c.c., poiché non è consentito al singolo condomino rimettere in discussione i provvedimenti adottati dalla maggioranza se non nella forma dell’impugnazione della delibera”, nei casi e nei modi previsti (Cassazione civile, sez. II, 04.03.2011 n. 5254).
Tanto in quanto “il sindacato dell’autorità giudiziaria sulle delibere assembleari non può estendersi alla valutazione del merito ed al controllo della discrezionalità di cui dispone l’assemblea, quale organo sovrano della volontà dei condomini, ma deve limitarsi ad un riscontro di legittimità” che deve avere riguardo alle norme di legge o del regolamento condominiale (Cassazione civile, sez. VI, 17.08.2017 n. 20135).
Quanto ai vizi di legittimità, o, meglio, supposti tali, i condomini in questione hanno promosso l’impugnazione davanti al Tribunale di Avellino, specificando quanto genericamente lamentato, in sede di mediazione, con riferimento ad una supposta omissione della relazione al bilancio consuntivo. In particolare, gli attori hanno denunciato l’avvenuta violazione del diposto dell’art. 1130 bis c.c., secondo il quale, come noto, il rendiconto contabile è necessariamente composto dal registro di contabilità, dal riepilogo finanziario e dalla nota sintetica esplicativa della gestione.
Ebbene, tale contestazione è stata agevolmente contrastata dall’Avv. Ferdinando G. Di Meo, attraverso la relativa produzione documentale, in sede di costituzione. I documenti in questione erano stati infatti regolarmente elaborarti, acclusi agli atti dell’amministrazione condominiale e posti nella piena conoscibilità dei condomini, i quali, tuttavia, non hanno ritenuto di richiedere all’amministratore né di prenderne visione, neanche in sede assembleare, né di estrarre copia preventivamente.
Le parti attrici, per il vero, a sostegno della loro azione, hanno invocato un precedente giurisprudenziale, ossia, Cassazione civile, sez. VI, 20.12.2018 n. 33038, ritenendo impropriamente di poterne ricavare, a carico dell’amministrazione, un obbligo di allegazione, all’avviso di convocazione dell’assemblea, dei documenti innanzi indicati.
Verità è che dal riferito pronunciamento si ricava unicamente che il rendiconto contabile è necessariamente composto dal registro contabilità, dalla nota sintetica esplicativa e dal riepilogo finanziario, e non certo un obbligo di allegazione all’avviso di convocazione assembleare.
Infatti, come chiarisce la Suprema Corte, “l’amministratore del condominio è soltanto tenuto a permettere ai condomini che ne facciano richiesta, di prendere visione ed estrarre copia, a loro spese, della documentazione contabile, gravando sui condomini l’onere di dimostrare che l’amministratore non ha loro consentito di esercitare detta facoltà”.
In sostanza, la violazione dell’art. 1130 bis c.c., rilevante come vizio di legittimità ai sensi dell’art. 1137 c.c., non può essere desunta dalla mancata allegazione all’avviso di convocazione dei documenti necessari ai fini della valida approvazione del rendiconto, essendo un obbligo di allegazione di tal fatta pacificamente escluso.
Si è infatti rilevato che “in materia di condominio, non è configurabile propriamente un obbligo, per l’amministratore condominiale, qualora convochi l’assemblea anche per l’approvazione di delibere attinenti a bilanci preventivi e/o consuntivi, di allegare all’avviso di convocazione anche i documenti inerenti a detti bilanci da esaminarsi compiutamente in sede di celebrazione dell’assemblea.
Infatti, ad ogni condomino è consentito di esprimere il suo parere in seno all’assemblea stessa, fermo restando che ad ognuno dei condomini è riconosciuta la facoltà di richiedere allo stesso amministratore, anticipatamente e senza interferire sull’attività condominiale, le copie dei documenti oggetto di (eventuale) approvazione.
Da ciò consegue che, ove la menzionata facoltà non sia esercitata, il singolo condomino non può far derivare l’illegittimità della successiva delibera di approvazione in materia contabile per la sola mancata allegazione all’avviso di convocazione del rendiconto o del bilancio poi approvato e per la sola circostanza che egli non abbia inteso – per sua scelta – partecipare all’inerente assemblea”.
Ciò perché “per effetto della successiva comunicazione della delibera approvata, egli ha il diritto di impugnarla per motivi che attengano alla modalità di approvazione o a profili contenutistici della stessa, ma non certamente per la sola omessa allegazione preventiva del documento (sul quale deliberare) all’avviso di convocazione dell’assemblea recapitato ritualmente al condomino” (Cassazione civile, sez. II, 15.10.2018, n. 25693; idem, Cassazione civile, sez. VI, 25.06.2018, n. 16677).
La fattispecie sottoposta all’attenzione dell’Avv. Ferdinando G. Di Meo, per altro, presenta un ulteriore profilo estremamente interessante, che è risultato infine determinate per l’esito del giudizio.
Difatti, le parti attrici in sede di mediazione obbligatoria, hanno genericamente dedotto – come già anticipato – l’omissione della relazione al bilancio consuntivo, senza fare riferimento alcuno alla violazione dell’art. 1130 bis c.c. L’oggetto della mediazione, per questa materia obbligatoria, era dunque diverso, per causa pretendi, dall’oggetto del giudizio introdotto davanti al Tribunale di Avellino. Circostanza, questa, tutt’altro che irrilevante.
In effetti, è noto che l’art. 5 D.Lgs. 28/2010 prevede che ‘’chi intenda esercitare in giudizio un’azione relativa ad una controversia in materia di condominio […] è tenuto, preliminarmente, ad esperire il procedimento di mediazione’’. L’art. 4 del medesimo decreto afferma che “l’istanza deve contenere l’indicazione dell’oggetto e delle ragioni della pretesa”. Dalla non coincidenza tra l’oggetto della mediazione e l’oggetto del giudizio discende, dunque, l’improcedibilità della domanda promossa in giudizio.
Se poi si considera che le altre censure attengono a vizi di merito che non possono essere sottoposti alla valutazione del giudice, l’azione era sin dal principio destinata ad essere integralmente respinta. Ed anzi, quanto alla presunta violazione dell’art. 1130 bis c.c,, l’impugnazione, come conseguenza del mancato esperimento della mediazione obbligatoria, pareva ictu oculi persino tradiva, in quanto, di fatto, proposta solo in sede giurisdizionale, oltre il termine di trenta giorni previsto dell’art. 1137 c.c.
Queste dunque le eccezioni sollevate dal condominio resistente.
Da ultimo occorre segnalare che la giurisprudenza di legittimità, probabilmente anche nella prospettiva di porre un freno alle impugnative delle delibere assembleari che risultano chiaramente pretestuose, ha affermato e recentemente ribadito un principio molto importante, che pure è stato evidenziato in corso di causa dall’Avv. Ferdinando G. Di Meo.
Infatti, per avere ragione dell’annullamento di una delibera assembleare, occorre dimostrare di avere un interesse economico all’azione, che è sottoposto, per quanto riguarda l’attore, al rispetto dell’art. 2697 c.c.
Più specificamente, si è affermato che non è sufficiente, ai fini dell’accoglimento della domanda, dimostrare che il deliberato sia normativamente viziato, ma occorre anche dimostrare “l’ulteriore circostanza rappresentata dal danno economico per effetto della delibera assembleare presa non in conformità della legge, danno economico riverberatosi nel patrimonio del condomino impugnante, che deve essere oggetto di espressa quantificazione da parte di quest’ultimo” [Tribunale di Napoli Nord, 25.07.2023 n. 3410].
Nello stesso senso, del resto, si era già espresso il Giudice di legittimità, secondo il quale “il condomino, il quale intenda proporre l’impugnativa di una delibera dell’assemblea, per l’assunta erroneità della disposta ripartizione delle spese di gestione, deve allegare e dimostrare di avervi interesse, interesse che presuppone la derivazione dalla deliberazione assembleare di un apprezzabile suo personale pregiudizio, in termini di mutamento della rispettiva posizione patrimoniale” [Cassazione civile, sez. VI, 09.03.2017, n. 6128; idem, Cassazione civile, sez. II, 22.09.2023 n. 27086].
Per altro, il giudizio in questione, pur a fronte della pacifica fondatezza delle questioni di merito sollevate dall’Avv. Ferdinando G. Di Meo, è stato infine definito in forza dell’eccezione preliminare che lo stesso aveva sollevato.
Scrive infatti il Tribunale di Avellino, che “nell’atto di citazione […] a fondamento della presunta illegittimità della delibera risultano dedotti due motivi ulteriori e diversi rispetto a quelli indicati in sede di mediazione (in particolare, la violazione dell’art. 1130 bis c.c. per l’omessa predisposizione di un riepilogo finanziario e una nota sintetica esplicativa della gestione e l’errata ripartizione delle spese relative a scale e ascensore).
Invero, nel caso in esame, trattandosi di una controversia in materia condominiale, si è in presenza di una delle materie per le quali, ai sensi dell’art. 5, comma 1-bis, D.Lgs. n. 28 del 2010 è prevista la mediazione obbligatoria ex lege, e per le quali, quindi, il previo esperimento del procedimento di mediazione costituisce condizione di procedibilità della domanda giudiziale.
Nel caso in esame la mediazione si è svolta ed ha avuto esito negativo. Posto ciò, poiché l’impugnazione della delibera assembleare è soggetta ad un termine di decadenza, è opportuno ricordare che tale termine viene interrotto dalla comunicazione, da parte dell’organismo ove è stata depositata l’istanza di mediazione e ove si svolge la procedura stragiudiziale oppure da parte dell’istante, dell’istanza medesima alla parte chiamata, e poi esso inizia a decorrere di nuovo dal deposito del verbale che chiude la procedura.
Ebbene la questione inerente alla relazione che deve intercorrere, a livello di contenuto, tra l’istanza di mediazione e l’eventuale e successivo atto introduttivo del procedimento giudiziario impone, dunque, di richiamare l’attenzione su una specifica disposizione normativa del D.Lgs. n. 28 del 2010, ossia sull’art. 4 .
Tale disposizione è la prima, tra quelle facenti parte del tessuto normativo del succitato decreto legislativo, a dettare la disciplina del procedimento di mediazione e, in particolare, concerne l’accesso a tale procedura stragiudiziale e, di conseguenza, precisa due aspetti fondamentali quali l’individuazione dell’ambito territoriale di cui deve far parte l’organismo ove viene depositata l’istanza (o domanda) di mediazione nonché l’indicazione dei contenuti essenziali dell’istanza stessa.
Al comma 2 dell’art. 4, di maggiore rilevanza per quanto riguarda la questione in esame, si specificano i contenuti essenziali dei quali l’istanza di mediazione non può mancare, ossia l’indicazione dell’organismo, delle parti, dell’oggetto e delle ragioni della pretesa. Il contenuto di tale previsione normativa è “praticamente equivalente” a quello dell’art. 125 c.p.c., concernente, in generale, i contenuti minimi che un atto promanante dalle parti deve avere.
In base a tali premesse, a giudizio di chi scrive, l’applicazione dell’art. 4 implica che vi debba essere simmetria tra i fatti rappresentati in sede di mediazione e quanto esposto in sede processuale e che tale simmetria riguardi quantomeno i fatti principali. In caso contrario, dovrebbe essere dichiarata l’improcedibilità della domanda giudiziale
Nel caso di specie, dalla comparazione, a livello contenutistico, tra l’istanza di mediazione e la successiva domanda giudiziale, poi, in concreto proposta, dunque, si rileva agevolmente l’asimmetria tra i due atti, e da ciò derivano due conseguenze tra loro connesse”.
In primo luogo, “la mediazione non può considerarsi validamente svolta. In secondo luogo, “non è stata impedita la decadenza dell’impugnazione della delibera condominiale, poiché tale impugnazione è soggetta ad un termine di decadenza che viene interrotto dalla comunicazione (da parte dell’organismo oppure direttamente a cura dell’istante stesso) dell’istanza di mediazione all’altra parte una sola volta ed inizia nuovamente a decorrere dalla data del deposito del verbale conclusivo di mediazione.
Trattasi di orientamento interpretativo sempre più consolidato nella giurisprudenza di merito e a cui questo Giudice intende prestare adesione condividendone le motivazioni (cfr. in termini, Trib. Roma n. 259/2022; Tribunale Velletri 19 febbraio 2020 n. 384; Trib. Roma n. 979/2024; da ultimo, Tribunale Napoli Sez. IV, 24/05/2024).
Ne consegue che – come tempestivamente eccepito dal condominio convenuto – le attrici devono essere dichiarate decadute dal potere di impugnare la delibera adottata con il loro voto contrario in data 29.7.2019, avendo le stesse proposto domanda giudiziale tardivamente, ossia con atto notificato il 12.11.2019, stante la mancata interruzione del termine di decadenza di cui all’art. 1137 comma 2 c.c. in ragione dell’irregolarità dell’esperito tentativo di mediazione.
Pertanto s’impone il rilievo di inammissibilità dell’impugnativa proposta i per tardività dell’impugnazione”. [Tribunale di Avellino, 17.06.2024]
CONCLUSIONI: l’impugnativa delle delibere approvate dall’assemblea di condominio può spesso corrispondere a specifici e seri interessi di uno o più dei condomini, anche in considerazione del fatto che frequentemente da quelle delibere derivano impegni economici molto gravosi. Tuttavia, è bene sapere che vi sono tempi e procedure da rispettare ed è assolutamente sconsigliabile avviare questo tipo di contenziosi solo per ragioni di carattere pretestuoso.
2 Commenti
Grande umanità. Competenza nella tua professione e soprattutto grande umiltà come pochi in questa Italia che va a rotoli.
Grazie Antonio.
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Avv. Ferdinando G. Di Meo
Sono un avvocato di Avellino, nato in Svizzera da famiglia di emigranti ritornata in Irpinia, completo i miei studi in giurisprudenza nel 2001 con una forte passione verso il Diritto Penale.
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